I personaggi di Angelo Cozzi

Capi di Stato e scienziati, re e presidenti, giornalisti e malfattori, cantanti e attori, Papi e ballerine, artisti e premi Nobel. Sono molte le persone importanti che Angelo ha incontrato. Sessant’anni di mestiere, al suo livello, portano inevitabilmente in contatto con i famosi della Terra. Tuttavia il caso, da solo, non basta. Devi mettere qualcosa di tuo, se vuoi che l’immagine resti. Una spiritosa invenzione, un gesto gentile, una spericolata guasconata. Via via, secondo l’occasione, Angelo le ha fatte tutte. E ha portato a casa il ritratto. Lui si premura di chiarire di non essere ritrattista. Tuttavia nemmeno il: vado lo fotografo e torno, è nelle sue corde. Non sarebbe lui, senza una meticolosa preparazione prima dello scatto. Non riguarda luci e obiettivi. La preparazione va diritta al soggetto. “…non ho mai affrontato un personaggio senza saperne nulla. Prima di fotografarlo mi sono sempre documentato. Se era uno scrittore, leggevo almeno un paio dei suoi libri. Se era un attore, guardavo i suoi film. Se era uno scienziato, cercavo di capire cosa aveva fatto. Tutto questo, per avere argomenti di conversazione, quando gli sarei stato davanti…”. La presenza del fotografo è sempre imbarazzante. La persona ritratta difficilmente è se stessa. Parlare, mostrare che si conosce il suo lavoro, la sua vita, fa abbassare la guardia e la persona ha il sopravvento sul personaggio. ”…spendo più tempo a conversare con chi devo fotografare che a scattare le foto..”. Ogni ritratto è una storia. A raccontarle tutte ci andrebbero volumi o, visto il mezzo dove le raccontiamo, illimitati megabite. Scegliamone alcune, assieme ai ritratti che le riguardano. Le altre, le tantissime sono…altre storie.

oriana fallaciOriana Fallaci non amava farsi fotografare. Raramente si offriva all’obiettivo per più di uno scatto. I ritratti, che campeggiano nelle copertine di molti suoi libri, sono il frutto di un solo rullino, che Angelo Cozzi ebbe la fortuna di scattare nella casa toscana della Fallaci.

Cominciamo da Oriana Fallaci. “…era difficile fotografarla- ricorda Angelo- faceva la ritrosa. Per lei qualsiasi momento non era mai il momento giusto per lasciarsi fotografare. Di “farsi” fotografare, non se ne parlava nemmeno…” Eppure i ritratti della Fallaci, firmati da Angelo, sono nelle copertine dei libri della giornalista. Quello che campeggia nel suo libro postumo ha questa storia. …” mi trovavo a casa di Oriana, in Toscana. Quel giorno era in buona, e riuscii a scattare un intero rullo, mentre lei fumava e spostava solo gli occhi o la mano. In genere dopo il primo scatto s’innervosiva. Quella volta era più paziente. Era il giorno dopo le elezioni, una delle tante elezioni che costellavano quegli anni. Finito il rullino mi chiese di portarla a Roma, all’Hotel Excelsior. All’epoca avevo un Fiat 124 coupé. Partiamo e in autostrada scoppia una gomma, un’anteriore. Riesco ad accostare senza incidenti. Oriana mi guarda e sbotta: sei più verde dell’edera dei repubblicani (allora il simbolo del Partito Repubblicano era una foglia di edera). La mia risposta non fu esattamente quella di un gentiluomo…ma Oriana aveva fatto il Viet-Nam  e le espressioni da caserma non la stupivano più di tanto…”.

sorayaLa foto, scattata di nascosto a Soraya, facendo un buco nella parete dello scompartimento ferroviario, fece il giro del mondo e fu pubblicata dai maggiori settimanali.

Altra foto, altra storia. Questa è una canagliata che sarebbe piaciuta a Billy Wilder, il regista di Prima Pagina. “…lo Scià di Persia aveva appena divorziato da Soraya, perché non poteva avere figli. Vengo a sapere che la, oramai ex, imperatrice è a Ginevra, da dove dovrebbe spostarsi a Genova per poi imbarcarsi per gli Stati Uniti”.  
I viaggi aerei non erano ancora di moda e i regnanti, o ex che fossero, preferivano le carrozze dei treni, certo più lussuose di quelle di oggi, e i grandi transatlantici. “…vado a Ginevra. Di fotografarla nemmeno parlarne. Tra l’altro: era protetta da un fratello grosso quanto un armadio, che non ci pensava due volte a menare fotografi e giornalisti…”. E qui entra in gioco la capacità mimetica di Angelo. Nel racconto “La lettera rubata”, di E.A. Poe, una compromettente missiva sfugge a tutte le ricerche perché…lasciata bene in vista. Quell’uomo normale, dallo sguardo un po’ timido, che compera un biglietto di prima classe non aveva certo le phisique du role e i modi del paparazzo. Non cercava di nascondersi. La fortuna è una bella donna che, quando ti passa accanto, devi afferrare per i capelli. Consiglia Machiavelli. E Angelo l’afferrò. Si accomodò nello scompartimento contiguo a quello di Soraya, fortunatamente vuoto. “…erano ancora quegli scompartimenti con le fotografie di città sopra ogni sedile. E le pareti degli scompartimenti erano di legno. Tirai fuori il mio coltellino svizzero e iniziai a fare un piccolo buco nella parete. Speravo che Soraya si fosse messa accanto al finestrino, davanti alla fotografia nella quale stavo facendo il buco. Un lavoro da certosino, con il cuore in gola ad ogni passo che risuonava nel corridoio….”. Millimetro per millimetro Angelo gratta via il legno. Poi, con la mano leggera dell’ergastolano che sega l’ultima sbarra, gratta la carta della fotografia. Erano fotografie protette da un vetro. Non c’era pericolo che pezzettini di carta o di legno, cadessero sulla testa di chi, eventualmente, foss: seduto sotto. In quel buco, di pochi centimetri di diametro, Angelo infilò l’obiettivo e scattò, scattò fino alla stazione successiva, dove scese. Va bene afferrare la fortuna per i capelli, ma approfittarne porta male. Quelle foto furono uno scoop pubblicato in tutto il mondo. Per gli appassionati di fotografia diciamo che la fotocamera era una Nikon, sulla quale Angelo aveva montato un 35mm Canon. Per gli appassionati della cronaca, Angelo racconta che quella smorfia, poco regale, nella quale Soraya è stata immortalata, era dovuta al forte raffreddore che l’affliggeva: uno starnuto. Per le Ferrovie Svizzere: ecco svelato l’incomprensibile mistero di quel buco nella carrozza numero due del treno Ginevra-Milano.

carla gravinaUna giovanissima Carla Gravina sull’aereo che la porterà a Londra, accompagnata da Angelo Cozzi. Con molti attori Angelo ha avuto non solo rapporti professionali, ma anche rapporti di amicizia, che dura nel tempo.

Dal rischio di essere rincorso dai gorilla di un’ex imperatrice, a quello di essere caricato da una elefantessa africana. Sono bisbetici gli elefanti africani. Più delle imperatrici. Non sono come i loro cugini indiani, bonaccioni e accomodanti. Eppure, quando la rivista Capital gli commissionò un ritratto di Franco Rosso, tour operator specializzato in viaggi africani, s’intestardì nel volerlo riprendere proprio accanto a un elefante. Ritratto ambientato, si definisce in gergo. Ma non era di quelli ambientati in studio o in comode location. “..mi avevano raccontato di un ranger che, nel suo parco, anni prima aveva curato una piccola elefantessa e che questa gli era rimasta affezionata, tanto da andargli incontro amichevole, quando s’imbatteva in lui. Porto Franco Rosso nella riserva, in Kenya, e assieme al ranger ci mettiamo a cercare l’elefantessa…il primo giorno niente, anzi, al rientro buchiamo anche una ruota in piena notte e nel lodge non riusciamo a dormire per una mandria di bufali che  aveva pensato bene di abbeverarsi nella pozza vicina…proseguiamo la ricerca alle  prime luci dell’alba e la troviamo…l’elefantessa è diffidente, poi fiuta il ranger e s’avvicina…veloce, ma con gesti calmi per non spaventarla, preparo la fotocamera…intanto Franco Rosso s’avvicina assieme al ranger, si mette in posa, mentre l’elefantessa scuote le grandi orecchie…Franco Rosso, non pensando che il suo gesto poteva essere pericoloso, le prende con la mano un’orecchia e si mette in posa….è stata una foto eccezionale, proprio quella che cercavo…”. All’epoca fecero molto scalpore le foto di Francisco Franco, il dittatore spagnolo, riprese nell’intimità della famiglia, insieme ai nipotini. Non era mai accaduto che qualcuno lo potesse riprendere al di fuori dell’ufficialità. “…ero in Spagna per il settimanale Grazia…il giornalista che doveva curare la parte scritta del servizio conobbe, casualmente, l’infermiera passaferri di Cristobal Martinez Bordin, marchese di Villaverde, famoso cardiochirurgo e genero di Franco. Decidemmo di usare questo contatto per proporre a Villaverde una fotostoria di lui mentre operava… accettò e ne uscì un buon servizio, anche se il paziente passò a miglior vita proprio sotto i nostri occhi…chiedemmo, poi, sempre a Villaverde di intercedere presso Franco…passò qualche giorno finché ci telefonò in albergo…permesso ottenuto. Franco era disposto a farsi fotografare nell’intimità della famiglia. Dovevamo presentarci al Pardo all’ora tale del giorno tale…arrivammo in taxi al portone, e fummo fermati da un malmostoso drappello della Guardia Civil…quasi si misero a ridere quando dicemmo che avevamo un appuntamento con il Generalissimo…insistemmo e, dopo un susseguirsi di telefonate, aprirono il portone, tanto sorridenti quanto prima erano stati burberi…”. Inutile dire che anche questo scoop fece il giro del mondo: suscitando invidie.

indro montanelli“ Indro Montanelli – racconta Angelo – aveva una mimica incredibile. Ciò gli era naturale, quando parlava con le persone. Credo, tuttavia, che quando era davanti all’obiettivo esagerasse un po’, questa sua abitudine”.

Da un dittatore a un’attrice: Ingrid Bergman. I diamanti sono i migliori amici delle ragazze, cinguettava Marilyn. Angelo non poteva permetterseli. Per fotografare la Bergman, dopo il divorzio da Rossellini, ripiegò sulle rose.  “…dopo il divorzio la Bergman si era messa con Lars Schmidt… abitavano in una villa a Choisel nei pressi di Parigi. Una villa fortezza, protetta da un alto muro. Avevo accompagnato la Bergman nel suo primo ritorno in Svezia, dopo la parentesi italiana con Rossellini. Seguendola per il servizio fotografico mi ero accorto che amava molto i fiori. Davanti al rifiuto di lasciarsi riprendere con i figli nella sua villa parigina, misi in atto un piccolo trucco, sperando andasse a buon fine. Andai dal fioraio più vicino al mio albergo e comperai tutte le rose del negozio. Ne riempimmo un furgone e le mandai alla Bergman. Tornai in albergo. Aspettai. La telefonata attesa arrivò e anche il tangibile segno che erano state gradite: potevo fotografarla nel prato davanti alla villa, assieme ai bambini…”.

walt disney“Ad Angelo Cozzi, auguri, Walt Disney” la stima di Disney per Angelo Cozzi autografata su una tavola originale del cartoon Biancaneve e i Sette Nani. Una rarità che Angelo tiene gelosamente appesa a una parete del soggiorno. A Disney erano piaciute molto le foto che Angelo aveva scattato e voleva pagargli i diritti per averne utilizzata una. Angelo gliela regalò e, a Natale, si vide recapitare una busta da Hollywood. Conteneva questa tavola.

Lo studio di Angelo è oramai una scatola di ricordi, di storie che si affollano, di episodi che emergono dall’incertezza degli anni. Disney che gli regala una tavola originale di Biancaneve, con tanto di dedica, perché Angelo non ha voluto i diritti per una foto che gli era piaciuta. Montanelli che si offre, civettone, all’obiettivo ma non smette di telefonare, ricevere persone, come se il fotografo fosse un semplice elemento di arredamento. Silvio Garattini, lo scienziato direttore dell’Istituto Mario Negri che sobbalza, vedendo la quantità di pillole, di tutti i colori, rovesciate da Angelo sulla sua scrivania perché la foto venga più bella. Proprio lui, contrario ai troppi farmaci, ripreso davanti a una montagna di medicine! Il medico degli astronauti, Charles Berry, che gli dà appuntamento alle quattro del mattino nell’ufficio di Cape Canaveral. Angelo usa dire che la sua foto più bella è quella che farà domani. Inevitabile, allora, chiudere la carrellata con una foto che…non ha mai fatto.” … era il giugno del ’65, con l’amico Gherardo Gentili, allora redattore a Bolero Film, decidemmo di prenderci una piccola vacanza a Londra…vacanza vera, senza l’assillo di un servizio… eravamo nella capitale inglese da due giorni quando la segretaria di redazione di Grazia mi telefona. Timidamente chiede se avevo voglia di scattare alcune foto a uno sconosciuto gruppo musicale. Si esibiva proprio in quei giorni …mi consultai con Gentili, che di lì a qualche anno sarebbe diventato lo storico direttore di Tutto Musica, il mensile di Sorrisi & Canzoni …no, niente da fare. In vacanza eravamo e in vacanza volevamo restare. Non ce l’avrebbero rovinata quattro ragazzini, arrivati dalla periferia di Liverpool…”. Avete capito perché nella galleria di personaggi famosi i Beatles non ci sono? Il giornalismo è anche fatto di appuntamenti banalmente mancati.  Ma queste…sono altre storie.

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