La mia Cuba
Angelo ama Cuba. Nell’isola caraibica ha pure preso moglie. Un rapporto, quello con Cuba, che iniziò….ma questa è un’altra storia. Di quelle che: deve ancora passare un po’ di tempo, prima che si possa raccontare. “Si fa, ma non si dice…” cantava Milly. “…il primo lavoro a Cuba le feci per l’Italturist…era il 1985…poi nel corso degli anni, ho lavorato tante altre volte e con altri partner a favore del turismo cubano…ho sempre desiderato che Cuba avesse turisti…è un paese meraviglioso, che merita di essere visto…”. Chi conosce Angelo sa di questo suo amore.
Gli accrediti ottenuti da Angelo, nel corso degli anni, per poter svolgere il suo lavoro di giornalista-fotografo sono decine. Quella che vedete è solo una parte di essi.
Lo sanno i direttori di giornali che inesorabilmente lo vedevano capitare in redazione proponendo servizi sugli aspetti più strani e meno conosciuti dell’isola. Non solo spiagge e alberghi. Ne ho esperienza personale. Dirigevo un mensile di equitazione e Angelo mi scaricò sulla scrivania una montagna di diapositive sul rodeo cubano. Benché, da tempo, nel settore dei cavalli ne ignoravo l’esistenza. Gli dedicai una decina di pagine. Angelo è così, un modo per ottenere il suo scopo lo trova sempre. In questo caso aveva trovato il modo di far parlare di Cuba su una rivista che certo di turismo non era. “…ho lavorato per i più importanti gruppi del turismo cubano e non solo. Per i giornali italiani ho fatto le foto di trentuno bozzetti pubblicitari per promuovere il turismo nell’isola. Ho fatto anche cose che sembravano un po’ pazze. Ad esempio un catalogo per Francorosso dedicato solamente ai clienti VIP. Il testo era di Giorgio Oldrini, corrispondente de L’Unità da Cuba e poi caposervizio a Panorama….”. La foto che, da una pagina pubblicitaria, dava notizia del primo volo charter per Cuba è sua: la modella Stephanie sullo sfondo di una spiaggia caraibica come l’immaginiamo. Caraibica è, di Cuba no. La decisione di fare quella pagina venne presa in fretta e Angelo non aveva una foto adatta. Fu così che Cuba godette di una spiaggia della vicina Santo Domingo.
Lennia, moglie di Angelo, posa per il suo obiettivo durante un servizio turistico per Francorosso.
Una spiritosa invenzione, a fin di bene. “ …ho fatto follie per Cuba –racconta Angelo –con Astrid un servizio a Cayo Media Luna, che doveva diventare un’isola chic per nudisti….un catalogo solamente di foto per il tour operator Esplorando…per Familia feci un servizio che spiegava come andare a Cuba a farsi fare un check up medico…”. Era il 1993. L’unione Sovietica era sparita, assieme ai consistenti aiuti che tenevano in vita l’alleato. Cuba era entrata nel cosiddetto “Periodo Especial”. Cozzi, per documentare al meglio, si prestò a fare da cavia per i check up e gli sembrò carino fare un piccolo regalo alle dottoresse che l’avevano esaminato. Chiese al primario cosa desiderassero. Questi gli consigliò di andare in uno dei negozi statali riservati ai turisti e acquistare qualche deodorante. Erano pochi dollari, ma un prezzo inarrivabile per le tasche dei cubani. L’unico prodotto di Cuba, la canna da zucchero, non era più acquistata a prezzi di favore dall’Unione Sovietica e Cuba aveva bisogno di tutto. La corrente elettrica era distribuita a ore, gli scaffali dei negozi vuoti. I Cubani si arrangiavano come potevano.
Durante il cosiddetto Periodo Especial tutti dovevano arrangiarsi per campare alla meno peggio. Quest’uomo aveva inventato una pizzeria di strada, grazie a un vecchio bidone da petrolio.
Dalle foto di Angelo impariamo l’arte di arrangiarsi: una vecchia poltrona da barbiere in mezzo alla strada ed ecco pronta la “peluqueria”; una finestra sulla strada ed è già un piccolo bar con dehor; un vecchio bidone tagliato a metà è ideale per allestire un forno per pizza. “…mi sono innamorato di Cuba –risponde Angelo all’inevitabile domanda – per il sorriso dei cubani, per il loro saper affrontare le avversità con allegria. E’ un popolo poverissimo, ma dignitoso, sorridente e disponibile…”. Anche la Santeria, i riti voodoo portati dalle coste africane dagli antichi schiavi, nelle parole di Angelo, sono diversi da quelli della vicina Haiti e del Brasile. “…ad Haiti è magia nera, qui è magia bianca…” Le immagini che ha scattato nel corso degli anni sono migliaia e ognuna ha un perché, diligentemente illustrato. “…non so cosa ci sia di vero nella Santeria, posso raccontare fatti di cui sono stato testimone. Dai sincretismi religiosi della Santeria, ad abitudine meno esoteriche ma non meno interessanti e, anch’esse, con radici lontane.
Lennia, scelta da Angelo per il servizio sulla festa dei quindici anni.
La festa dei quindici anni. “…nella vita di una donna, la festa dei quindici anni è la più importante della vita. Più del matrimonio. – mi spiega Angelo – le famiglie s’indebitano per fare una festa degna di questo nome, che verrà ricordata negli anni a venire. Affittano il vestito, che assomma lo sfarzo di quello di una sposa e di una debuttante….danno una grande festa…affittano lussuose automobili nelle quali le festeggiate sfilano per le vie della città o del paese…si fanno fotografare davanti agli alberghi più sfarzosi, la cui soglia non potranno mai oltrepassare…”. Giulietta aveva quattordici anni quando s’innamorò tragicamente di Romeo. In quest’angolo dei Caraibi non c’è tragedia ma gioia per il raggiungimento della maggiore età. Quella reale della tradizione, non quella burocratica della legge, che pone il limite a diciotto. Non sono un antropologo, ma sono certo che nemmeno Lèvi Strauss avrebbe potuto negare che questa è una cerimonia di passaggio. Non è un caso che compiuti i quindici anni la ragazza possa sposarsi, senza il consenso dei genitori o del legittimo tutore. Tante sono le feste dei quindici anni che Cozzi ha fotografato, per piacere e per mestiere. Un posto particolare meritano i quindici anni di Lennia, la ragazza di Santiago che sarebbe, poi, diventata sua moglie. Fotografò i suoi veri quindici anni e, qualche tempo dopo, quelli finti, per un servizio da pubblicare nei giornali. Non sono un antropologo ma trovo interessante un altro rito, quello del Carnevale. A Santiago si tiene nel periodo che comprende l’ultima settimana di luglio. Periodo incongruo per un rito, quello del Carnevale, che si rifà ai Saturnali romani legati ai ritmi della terra, della morte dell’anno vecchio e della nascita di quello nuovo. Se domandi a un cubano perché si festeggia il 26 di luglio, la prima risposta sarà: per ricordare lo sfortunato assalto alla caserma Moncada. Era la sera del 26 luglio del 1953, centoventi ribelli al regime di Fulgencio Batista assaltano la caserma Moncada di Santiago. Azione approssimativa che fallisce. Sessanta attaccanti sono uccisi, trenta fatti prigionieri. Tra questi Fidel Castro e il fratello Raul. Processati per insurrezione armata sono condannati a morte. Fidel e Raul hanno studiato in collegi di salesiani e gesuiti, per intercessione della Chiesa se la cavano. Scontano venti mesi nel penitenziario dell’Isola dei Pini. Poi sono graziati ed espulsi in Messico. Insomma, il 26 luglio come anticipazione sfortunata di una rivoluzione vittoriosa.
Cuba è anche la terra dell’ultimo Hemingway. Nell’isola scrisse Il vecchio e il mare, nell’isola comprò casa, la Finca Vigia. La Bodeguita del Medio, vicino all’albergo dove abitava, prima di comperare Finca Vigia, fu testimone delle sue colossali sbronze. Oggi è una irrinunciabile stazione della Via Turistica di Cuba. Se non hai bevuto un mojito alla Bodeguita del Medio non sei stato a Cuba. Nella foto Angelo e Astrid.
Poi rifletti e ti viene in mente che la data dell’assalto, il 26 luglio, venne scelta proprio contando sull’allentamento della vigilanza, a causa del Carnevale. I conti non tornano. Non sono un antropologo, però so che il raccolto della canna da zucchero termina proprio in quel periodo. Adesso i conti tornano e i Saturnali si riappropriano della festa. Festa per la fine di un ciclo annuale e inizio di un altro. Semel in anno, dicevano i latini ed ecco giustificata la pazzia del Carnevale. Poi si torna al quotidiano. Quotidiano che sono le corvé, obbligatorie per gli studenti, a raccogliere, gratuitamente, caffè e cacao nei campi, con orari cinesi. Sono gli alzabandiera con inno a Fidel all’alba. Sono le brigate studentesche che il 28 ottobre depongono in mare mazzi di fiori in memoria di Camilo Cienfuegos. Era l’amato comandante della colonna che entrò a La Habana prima di Fidel. Scomparve nel 1960. La vulgata ufficiale lo vuole precipitato con il piccolo aereo che pilotava, tornando dal sedare una rivolta di anti-castristi. Il generale nel suo labirinto, è un romanzo di Garcìa Marquez. Il generale è Simòn Bolìvar, il Libertador del Sud America. Il labirinto nel quale si muove, vecchio e malato, è quello dei suoi ricordi; di quello che poteva essere e che non fu. Non so i labirinti nei quali si muove il Lìder Maximo. Ma, queste, sono altre storie.
Nel corso degli anni di frequentazioni cubane, Angelo ha avuto modo di fare interessanti scoperte. Questo è il “santino” dedicato a Fidel che circolava nelle chiese subito dopo la rivoluzione. Una agiografia del Lider Maximo che presto scomparve, in nome del socialismo reale abbracciato dal regime. Le giovani generazioni cubane non immaginano nemmeno che, agli inizi, la Rivoluzione fosse appoggiata dalla Chiesa.
Angelo ha avuto modo, diverse volte, di avvicinare Castro. Sempre in situazioni ufficiali, che lo vedevano fotografo accreditato. “…quando l’ufficio stampa di Castro ti convoca per un appuntamento, novanta su cento sei certo che lui non si presenterà…consegni l’attrezzatura fotografica, che viene passata al vaglio dei Servizi e ti viene restituita solo quando, col pullman dei Servizi, arrivi a destinazione. Destinazione che, per lo più, non ti viene comunicata in anticipo. Scendi, ti accomodi nella sala dove arriverà il Lìder Maximo, ti vengono restituite le macchine foto e aspetti…aspetti finché ti comunicano che Lui non verrà…ti riportano indietro, in albergo….a volte, invece, sei fortunato quando meno te l’aspetti e Lui arriva improvviso, scambia qualche battuta da grande istrione e poi se ne va. …come quella volta all’inaugurazione del Melìa Varadero, un grande e lussuoso albergo per turisti, di quelli che usano adesso, con le balconate delle stanze che s’affacciano sopra il grande patio interno della reception. Lui arriva, guarda in su, e ad alta voce chiede chi è l’architetto autore del progetto…si fa avanti una emozionatissima architetta…lui la guarda e dice: mi sembra di essere all’Isola dei Pini…era una battuta, per via della costruzione classica di quel penitenziario, con bracci convergenti in un patio centrale…ma l’architetta per poco non sveniva… o quell’altra volta, alla convention del turismo di Varadero….fuori tutti i cubani, anche giornalisti, ordina…in sala rimangono solo giornalisti stranieri e operatori stranieri…e adesso non parliamo di politica, ma di business, esordisce…”.
La Habana, Plaza de la Revoluciòn, sullo sfondo il Ministero degli Interni con la grande effigie del Che. E’ una foto classica per il turista. Come quella davanti alla torre di Pisa. Angelo, con un po’ d’ironia, l’ha ripetuta.
Nello studio di Angelo il calore dell’estate è mitigato dalle grandi pale di un ventilatore. Un bicchiere di Coca e Rum, portato da Lennia, la moglie di Angelo, addolcisce i ricordi. I famosi sigari fatti a mano e quella marca particolare, riservata da Fidel alle persone importanti. Il goccio di rum, anzi, di ron che devi versare a terra quando stappi la bottiglia per dissetare i santi della santeria. Le jineteras, le amazzoni, ragazze che s’accompagnano ai turisti ma non praticano il mestiere più antico del mondo. Piuttosto bevono spensierate alla vita e se rimane loro in tasca anche qualche dollaro, allora tanto meglio. I medici, gl’ingegneri prestati al caudillo venezuelano Chavez, in cambio del necessario petrolio. Ci perdiamo anche noi in labirinti di storie che rimandano ad altre storie…
RUOTA LO SMARTPHONE ORIZZONTALE per una visione ottimale della galleria